Coriander

Tolgo qualche foglia secca dalla mia gonna rattoppata con mille pezzetti di stoffa in colori diversi. È per questo che mi sono guadagnata il nomignolo di “coriandolo”, il mio nome vero nome sarebbe Biancaneve: pelle diafana, bocca rosea e carnosa, capelli neri come l’ebano. Sono figa, lo so e quella bastarda acida della mia matrigna non se ne fa una ragione e sta sperperando l’eredità di mio padre dal chirurgo estetico. L’ultima volta che gli ha presentato il conto, lui ha avuto un infarto e mi ha lasciato con quella faccia di cera monoespressiva. «La regina vuole che ti uccida e le porti il tuo cuore» afferma sulle spine il cacciatore interrompendo il corso dei miei pensieri, mentre vaghiamo senza meta nel bosco. «Quel cavolo di specchio magico deve smettere di farsi le canne. Dirle che è lei la più bella del reame e vivremmo tutti in pace» ribatto stizzita «portale una fettina del mio cu…» «Coriander!» mi rimprovera subito «ho già la soluzione. Segui questo sentiero e arriverai a una casetta. Lì non riuscirà a trovarti.» «Ho il cellulare scarico. Non ho Google-Map!» esclamo già colta dal senso di panico. «Segui questo cavolo di viottolo e non puoi sbagliare, ti ho detto.» «Stai molto calmo, bello. Altrimenti prendo il tuo cuore e me lo mangio a morsi» lo minaccio avviandomi lungo la strada indicata. Gli animali del bosco mi seguono, ma io prediligo la compagnia degli uccelli lungo il tragitto. Sarà l’abitudine: molte volte esemplari non pennuti allietano le mie serate e vi posso assicurare che sono diventata un’ornitologa di tutto rispetto. Il cerbiatto al mio fianco si agita eccitato appena entriamo in una radura solcata da un fiumiciattolo. Due querce secolari fanno da angeli custodi a una villa bianca perfettamente tenuta. «Anvedi la casetta!» mi sfugge notando lo sfarzo che emana solo dall’esterno. Spinta dalla mia curiosità innata mi avvicino alla dimora. Busso all’enorme portone in massello, ma non ricevo risposta. Costeggio le aiuole perfettamente tenute e mi dirigo alla porta sul retro. «C’è nessuno?» domando mettendo un piede oltre la soglia, visto che è spalancata. Una cucina iper-tecnologica si presenta ai miei occhi. Qualche metro più in là un tavolo enorme con un vaso di fiori freschi, riempie la stanza. Mi avventuro nel lusso che regna incontrastato in quel posto, quasi completamente privo di pareti divisorie. Nella sala una serie di consolle e joystick di tutte le forme riempiono un muro, dalla parte opposta una decina di tv sono sintonizzate sui canali di borsa e sui notiziari 24 ore su 24. «Ma dove diavolo mi ha mandato il cacciatore?» domando a voce alta a me stessa, visto che non c’è anima viva. «Sei nella casa dei NON-nani» afferma una voce sensuale. Mi volto verso quel suono ipnotico e la bocca mi si spalanca seccandosi. Un figo stratosferico scende a passo svelto la scalinata in legno lavorato e si piazza di fronte a me. Un paio di pantaloni da boxèr gli cadono a pennello sulle cosce tornite, il petto e le spalle sono un tutt’uno di muscoli guizzanti. Ma gli occhi… un grigio intenso che mi scava dentro.

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