PROLOGO GHIACCIO BOLLENTE

In esclusiva per le LAYS’ WITCH PRINCESS
PROLOGO GHIACCIO BOLLENTE

SEAN

11 Settembre 2001
Non riuscivo a respirare. Gli occhi erano fissi, sbarrati a vedere il susseguirsi di quella tragedia.
Corpi che si catapultavano dalle finestre; fogli che volavano come coriandoli gettati al vento; fumo
e fiamme nella perfetta rappresentazione dell’inferno sulla terra. Mi immaginai il diavolo a godersi
lo spettacolo dall’Empire con una birra e un pacco di popcorn.
«Amore mio, ci sentiamo dopo. Vado ad ascoltare tuo padre che fa il saputo in un’aula di saputi!»
mi aveva salutato mia madre solo un’ora prima per telefono, la risata di mio padre in sottofondo.
Avevano il sorriso, come sempre.
Amavano la vita, da sempre.
Avrei vissuto dei nostri ricordi, per sempre.
Il mio cellulare squillava ininterrottamente, era giunta l’ora di rispondere.
«Devi tornare a casa, Sean. Subito» mi ordinò il mio interlocutore.
Strinsi forte gli occhi. Erano secchi per quanto li avevo tenuti aperti, nella speranza di non perdere
l’attimo in cui i miei genitori sarebbero usciti attraverso il fumo dai varchi della torre Nord.
Le fiamme cominciarono a bruciare appena la consapevolezza e la tenebra mi ammantarono
pietrificandomi il cuore, ma solo dopo averlo stretto in una morsa di filo spinato che lo avrebbe fatto
sanguinare fino al mio ultimo respiro.

IVY

11 Maggio 2015
Non era reale. Non poteva esserlo. Era un incubo, vivido, ma era solo un incubo.
«Miss Cooper, ci scusi… ma deve confermarci l’identità» mi riscosse una voce gentile e
compassionevole. Nell’obitorio dell’ospedale di Philadelphia le tre barelle erano allineate, parallele
come rotaie; la temperatura era polare. La mia gola era secca, riarsa, serrata da un groppo grosso
come un gomitolo di lana. Mi limitai ad annuire e voltare la testa. Dovevo cancellare dalla mia
mente le lenzuola macchiate di sangue; dovevo sforzarmi di ricordare mio padre, mia madre e mio
fratello con il sorriso sulle labbra e non sfigurati dalle lamiere in cui erano rimasti imprigionati
mentre mi raggiungevano in auto.
Un addetto mi consegnò i loro effetti personali. Nella borsa di mia madre trovai un biglietto: Sei
l’orgoglio della nostra vita. Che questo sia solo l’inizio.
Il dolore avvolse la mia anima come una coltre di nebbia; il gelo la ricoprì con la stessa delicatezza
di una valanga di neve che spazzava via un’abetaia e soffocava il manto erboso fino a valle; il senso
di abbandono accorse subitaneo togliendomi il fiato.
Ecco il mio vero inizio. Ecco la fine della vita che avevo sempre amato.
Il sangue nelle mie vene mutò e si trasformò in bile velenosa.

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